Il fine settimana del 3,4 e 5 marzo il fantasmagorico mondo di Vanni Bonin e di tutto lo staff del Drunken Duck ha messo in moto una bellissima festa in onore del connubio che sta portando avanti sperimentazione del gusto e identificazione territoriale, ovvero birra post-industriale e frutta.
Il primo Drunken Duck Fruit Beer Festival, ospitato nella rustica Ca’ Prigioni di Lanzè (VI). È stata l’occasione di scoprire gusti, combinazioni, sapori del tutto fuori dalle righe con una selezione di oltre 70 birre in mescita.
Tutto fottutamente fruttoso, dai coloratissimi gettoni (a forma di mela pera pesca fragola) alle richieste degli impavidi assaggiatori (“la birra con il mango, quella con il melograno, mi fai assaggiare quella al limone”). A completare il quadro l’atmosfera di calore e allegria, che suggerisce proprio la gioia del momento in cui un fiore diventa frutto.
Yeasteria e’ stata presente al laboratorio dedicato a cinque birrifici locali veneti che hanno prestato il proprio genio al binomio birra-frutta.
I birrai accompagnati dall’insuperabile Andrea Camaschella, portavoce della nazionalità brassicola italiana nel mondo, hanno portato ciascuno un proprio prodotto. Noi tutti, curiosi degustatori, siamo rimasti davvero colpiti dagli effetti ottenuti. Yeasteria ha particolarmente apprezzato lo sforzo dei birrai nel legare la propria birra ad un luogo e, quindi, all’intrinseca biodiversità che attraversa il Paese, dalla ciliegia Marostica al passito di Pantelleria.
La birra italiana, purtroppo, non è sempre capace di garantire una filiera nazionale per le materie prime utilizzate. Tuttavia questo laboratorio è stato illuminante riguardo l’inesauribile passione del birraio nella ricerca di fermentati che rappresentino una personale reinterpretazione di uno stile, o dell’impiego di un frutto in ricetta con respiri del tutto a favore delle piccole filiere locali.
Giusto per farvi venire l’acquolina in bocca:
-
Birrone si è presentato con una sour affinata pesche e pere. Il primo frutto sicuramente molto caratterizzante ma il secondo, un attimo dopo rivelarsi al naso, disegna un principio di elegante perry. Simone non è solo maestro di bassa fermentazione, ma anche acuto prestigiatore di lieviti selvaggi.
- Ofelia ha portato la sua Rubens. L’originaria Scarlett (sour con le Corniole di Cornedo) incontra una Flemish Red Ale, stile tipico delle Fiandre. Anziana di due anni in botte il cui legno ha ammorbidito il gusto per una sensazione acetica molto fine ed equilibrata.
-
Dalla Cantina Brassicola Ecelinum, progetto parallelo al birrificio di Sancolodi, abbiamo assaggiato la Kriek con ciliegia Marostica che, nonostante l’invecchiamento complessivo di 4 anni, si sorseggiava come una sanguinella nel colore e nella freschezza, il cui piacevole lattico solleticava la Sete nel suoi punti più sensibili.
-
Mastino e la sua Duchesse de Saint Martin con fragole e ciliegie. All’inizio un naso sulfureo che passa il ruolo da protagonista al lattico che giunge in bocca. Corpo leggero, schiuma fine e color spremuta di pompelmo, che sappiamo essere un descrittore tecnico ma anche l’unica suggestione capace di rendere la fantasia vicina alla realtà.
-
Pussyita, la Bluff del birrificio Rattabrew con aggiunta di mosto di Pantelleria durante la fermentazione. Spiccano note di acetico ed etilico, sebben sorrette dal corpo della birra originaria. Probabilmente, una punta di carbonazione in più avrebbe aiutato la beva di questo bicchiere da 10% abv, parere yeasterico, nulla di più!
Scrivi un commento